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STORIA INCREDIBILE (parte seconda)

REPUBBLICA ITALIANA  sent. 527/2005

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE DEI CONTI

SEZIONE TERZA GIURISDIZIONALE CENTRALE D'APPELLO

composta dai signori magistrati :

Dott. Angelo DE MARCO

Presidente

Dott. Giorgio CAPONE

Consigliere

Dott. Enzo ROTOLO

Consigliere

Dott. Luciano CALAMARO

Consigliere

Dott. Amedeo ROZERA

Consigliere Rel.

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sul ricorso in appello iscritto al n. 20673 del registro di segreteria proposto da ADORNA Franco avverso la sentenza n. 256 del 7 maggio 2003 pronunciata dalla Sezione giurisdizionale per la regione Abruzzo;

Visto l'atto d'appello;

Esaminati tutti gli altri documenti di causa;

Uditi, alla pubblica udienza del giorno 15 luglio 2005, con l'assistenza del Segretario Gerarda calabrese, il relatore Consigliere dott. Amedeo Rozera, l'Avv. Carmine Cosentino per l'appellante e la dott.ssa Patrizia Miceli per l'INPDAP.

Ritenuto in

FATTO

            Con l'impugnata sentenza è stato respinto il ricorso proposto da ADORNA Franco e ADORNA Nicola, eredi di Adorna Filippo e COCCO Adelina ved. ADORNA, volto ad ottenere l'integrale ottemperanza della sentenza n. 653/2000 con la quale la Sezione giurisdizionale per l'Abruzzo aveva condannato l'INPDAP a corrispondere ai predetti, quali eredi di Adorna Filippo, e alla sig.ra Cocco in proprio, gli interessi legali e la rivalutazione monetaria a seguito del ritardato pagamento della pensione spettante al dante causa collocato a riposo il 30 aprile 1986, ma corrisposta a partire dal 6 febbraio 1991: in particolare, il primo giudice ha ritenuto corretto il comportamento dell'INPDAP che in data 16 febbraio 2001 aveva corrisposto agli eredi Adorna Nicola e Franco le somme dovute (£. 15.627.279), calcolate al 6 marzo 1991 (somma dovuta alla vedova per arretrati di pensione dal 1 maggio 1986 al 20 febbraio 1990, data del decesso del dante causa) ed al 6 febbraio 1991 (somma dovuta alla stessa a titolo di reversibilità a decorrere dal 20 febbraio 1990).

            Avverso la sentenza ha proposto appello, con il patrocinio dell'Avv. Carmine Casentino, Adorna Franco, eccependo, sostanzialmente, l'inapplicabilità nella specie della nuova disciplina riduttiva sul cumulo di rivalutazione ed interessi in quanto i crediti previdenziali vantati erano maturati tutti in epoca antecedente l'entrata in vigore di detta discipline, nonché il mancato riconoscimento degli interessi da ritardato pagamento sulla base dell'erroneo presupposto che essi configurassero anatocismo: pertanto, l'appellante conclude chiedendo la rideterminazione di quanto dovuto per interessi e rivalutazione dal 1 maggio 1986 al 6 febbraio ed al 6 marzo 1991 secondo i criteri desunti dall'art. 429 cpc ovvero operanti al  momento della maturazione dei crediti ed il riconoscimento del diritto agli interessi da ritardato pagamento a decorrere dal 6 febbraio e dal 6 marzo 1991 fino all'effettivo soddisfo, oltre spese di giuidizio.

            L'INPDAP si è costituito in giudizio con nota depositata il 10 giugno 2005 con la quale, richiamate le proprie difese già svolte in primo grado, chiede in via principale che il gravame venga dichiarato inammissibile, stante la correttezza del proprio operato e, in subordine, che venga respinto perché giuridicamente infondato.

            All'odierna pubblica udienza l'Avv. Cosentino e la dott.ssa Miceli hanno concluso confermando con ulteriori argomentazioni il contenuto degli atti scritti.

            Considerato in

DIRITTO

            L'appello è infondato e deve essere respinto.

            La sentenza impugnata, infatti, dopo aver richiamato, ritenendola corretta, la ricostruzione temporale e fattuale operata dall'INPDAP in ordine alla soddisfazione dei crediti pensionistici degli aventi causa di Adorna Filippo, ha, da un lato evidenziato con motivazione assolutamente condivisibile, che “ la divergenza rispetto alla somma indicata dal commercialista consultato dalla difesa deriva dal fatto che quest'ultimo ha calcolato gli interessi legali e la rivalutazione monetaria non fino al momento del soddisfo del diritto ( cioè del pagamento degli arretrati pensionistici), ma fino alla data del 30 aprile 2001”, incorrendo, di conseguenza, in un evidente errore di calcolo, dall'altro ribadito il principio del divieto della corresponsione degli interessi anatocistici, espressamente, posto, fra l'altro, proprio dal D. M. n. 352 richiamato in sentenza.

            Il Collegio, quindi, non può che confermare le argomentazioni svolte dal primo giudice, ricordando l'intero svolgimento della vicenda quale risulta dagli atti di causa che, in estrema sintesi, deve essere riferito, da un lato, alla data di maturazione del diritto pensionistico ( 1 maggio 1986) cui ricollegare il riconoscimento di interessi e rivalutazione, dall'altro al momento di emissione del titolo di pagamento delle prestazioni erogate in ritardo, articolato, a sua volta, su due date: a) 6 marzo 1991: erogazione alla sig.ra Cocco Adelina, vedova del de cuius, degli arretrati di pensione dal 1 maggio 1986 al 20 febbraio 1990, data del decesso del coniuge, con conseguente corresponsione di interessi e rivalutazione fino alla predetta data del 6 marzo 1991; b) 6 febbraio 1991: corresponsione della pensione di reversibilità in favore della medesima Cocco, con conseguente pagamento degli interessi dal decesso del dante causa (20 febbraio 1990) alla predetta ultima data del 6 febbraio 1991.

            In tale contesto, regolarmente documentato in atti, è inconferente il richiamo nei termini posti da parte appellante all'art. 429 c.p.c., attesa la consolidata giurisprudenza della Corte dei conti fondata sul più recente indirizzo assunto dalle Sezioni Riunite (sent. n. 10/QM/2002) in sede di risoluzione di questione di massima in ordine al problema della cumulabilità di interessi e rivalutazione.

Detta sentenza, premessa la natura sostanziale e processuale sia dell'art. 5 della L.n.205/2000 che dell'art. 429 cpc, ha stabilito che il comma terzo di quest'ultima norma ( il quale introduce il generale diritto del titolare del trattamento pensionistico, per il caso di ritardata liquidazione dello stesso, a veder riconosciuti, contestualmente alla prestazione principale, gli interessi legali e la rivalutazione monetaria) si applica a tutti i giudizi pensionistici innanzi alla Corte dei conti: la disciplina posta dal combinato disposto degli artt. 16, comma 6 della L. n. 412/1991 e 45, comma 6 sella L.n. 448/1998 risulta, di conseguenza, travolta per l'espresso richiamo operato dall'art. 5 cit. all'unitaria disciplina dettata dalla ricordata norma codicistica, cui soggiacciono anche le pensioni di guerra e quelle militari “tabellari”.

Peraltro, hanno chiarito le Sezioni Riunite che il principio del cumulo tra interessi e rivalutazione non va inteso in senso “integrale”, quale matematica sommatoria dell'una e dell'altra componente accessoria del credito pensionistico liquidato con ritardo, bensì “parziale”, quale possibile integrazione degli interessi legali, ove l'indice di svalutazione dovesse eccedere la misura dei primi: ciò ad evitare che l'eventuale riconoscimento degli interessi in aggiunta all'intera rivalutazione possa comportare di fatto un doppio risarcimento, sia pure per profili e con sistemi diversi, dello stesso danno

            Per quanto riguarda il calcolo del cd. “maggior importo” tra interessi e rivalutazione esso va operato, secondo i principi posti dalle Sezioni Riunite, ai sensi del richiamato art. 429 cpc, tenuto conto delle percentuali di interessi legali e dell'indice ISTAT ex art. 150 disp.att.cod.proc.civ. rilevati anno per anno, da applicare agli importi pensionistici spettanti alle singole scadenze decorrenti dal momento di maturazione del diritto pensionistico, fino al soddisfo, salvi i limiti della prescrizione.

            In conclusione, la correttezza e l'esattezza dei conteggi eseguiti dall'INPDAP risultano ampiamente corroborati in atti nei termini evidenziati  dalla sentenza impugnata la quale, pertanto, merita di essere confermata, con conseguente rigetto dell'appello proposto.

            Sussistono giuste ragioni per compensare le spese di giudizio.

P.Q.M

La Corte dei conti - Sezione Terza Centrale d'Appello, definitivamente pronunciando, respinge l'appello proposto da Adorna Franco avverso la sentenza in epigrafe.

Spese compensate.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio del 15 luglio 2005.

IL CONSIGLIERE ESTENSORE

IL PRESIDENTE

F.to  Amedeo Rozera

F.to Angelo De Marco

Depositata nella segreteria della Sezione il giorno 31 agosto 2005

IL DIRETTORE DELLA SEGRETERIA

IL DIRIGENTE

F.to Antonio Di Virgilio

 

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 NOTA DELLA PARTE RICORRENTE 

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Non condivido la sentenza 527/2005, pronunciata dalla Corte dei Conti, e la respingo considerandola un OLTRAGGIO alla memoria di mio padre ADORNA Filippo, mia madre COCCO Adelina e mio fratello Nicola.  Continuerò la mia lotta (anche con mezzi e modi illegali) e non avrò pace fino a quando avrò recuperato quei soldi che deliberatamente  mi sono stati negati e che rappresentano il frutto del lavoro di mio padre. Negandomi quei soldi è stato commesso un furto del quale, un giorno, qualcuno sarà chiamato a rispondere dinnanzi ad un giudice infallibile e, certamente, di Rango molto più elevato. 

                                                       Il ricorrente:  ADORNA Franco

 

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