2°  LETTERA AL MIO NEMICO: IL CANCRO

 
 

           24 maggio 2007                                                                                                           HOME

 

Dannato cancro, bestia crudele e spietata,

 

tu mi attacchi spietatamente ed io ti rispondo per le rime, hai voluto la guerra e te l’ho donata; sarà dura ma non abbandonerò. Potrai vincere perché hai una forza bestiale, tremenda che non perdona, ma anche tu troverai in me un avversario molto determinato ed ostinato che ti darà filo da torcere. Sono un avversario difficile per te, ti affronto con la tutta la rabbia che ho in me e di tutti coloro che vogliono vedere la tua fine; sono un avversario che non ti lascerà spazio tanto facilmente.

Devi sapere che la mia forza è diversa dalla tua perché è costituita dall’affetto dei miei familiari, dalla solidarietà degli amici e da quella particolare carica che rappresenta il lamento di tutti coloro che hai tentato di colpire e che sono usciti vittoriosi dallo scontro che hanno avuto con te.

Dannata bestia, essere spregevole ed insignificante, ti devo fare una confessione, nonostante tutto il male che mi stai causando, a volte desidero la tua presenza per vederti più da vicino e rendermi conto non solo delle le ferite che anch’io ti sto provocando, ma anche per vedere di quali e quante nullità ti componi. La mattina, quando il giorno mi predispone più al buonumore, ti porto a spasso con piacere, ti parlo, ti faccio conoscere le mie intenzioni e ti ascolto pure, cerco di cogliere ogni tuo movimento, ti voglio sempre con me perché se ti allontani potresti colpire qualcuno che non ha la forza di affrontarti. Ma con questo non voglio dire che ti voglio bene, ben altro ti auguro, ricorda che è sempre forte in me il desiderio di raggiungere quello obbiettivo tanto sospirato quanto lontano: “la tua fine”. Il termine della tua esistenza rappresenterà non una mia vittoria ma l’aspirazione di tutta l’umanità e di tutti coloro che, in un modo o nell’altro, hanno conosciuto la tua vicinanza. Costoro, di cui io mi faccio portavoce del loro lamento, lanciano costantemente il loro gemito e la loro protesta contro ogni tuo segno di presenza; ti rinnegano, ti esecrano, ti compiangono, ti maledicono, ed esprimono tutto il loro turbamento ed inquietudine per la tua esistenza e per il tuo essere. Tu rappresenti l’influsso negativo, la dannazione, il peccato, il malaugurio, la malattia e l’infermità, la pena, l’avversità, la disgrazia e il tormento dell’intera umanità. Darei la vita per vederti morire, e forse questo mio sogno si avvererà. Vorrei vedere la tua agonia stupido Re di tutte le disgrazie degli esseri umani, Re degli ignoranti, tutti ti contrastano perchè desiderosi di sgominarti e distruggerti.    

Tu sorridi perché pensi di essere il vincitore, probabilmente lo sarai, ma non adesso. Sorridi perché vedi un calo in me, i globuli bianchi che sono diminuiti notevolmente, le piastrine che si sono abbassate, i capelli che cadono e la barba che non ricresce; ti basi esclusivamente su ciò che il mio aspetto esteriore ti mostra, qualcosa che è cambiato nella mia persona fisica, ma i tuoi sorrisetti non mi fanno paura, non intaccheranno il mio animo, quello che conta è sempre la mia volontà di vivere e di vincere il confronto con te. Sappi, grande ma piccolo e spregevole essere, che quei cambiamenti non me li hai procurati tu, ma quelle armi con le quali ti combatto; esse sono pericolose anche per me, mi indeboliscono, mi rendono più fragile e mi mettono in uno stato di malessere generale; però devi riconoscere che non ho altri mezzi per affrontarti, devo utilizzare inevitabilmente quelle.

Sappi anche che ho preso provvedimenti anche per questo, ho messo una piccola barriera fra me e quelle armi, una barriera naturale costituita da prodotti fitoterapici che riducono i danni al mio organismo. Ho già scavalcato il culmine (NADIR), i globuli bianchi riprendono a crescere unitamente alle piastrine; per i capelli e la barba devo ancora aspettare ma ritorneranno sicuramente anche quelli.

 Spietato Cancro, sono circa venti giorni che non ho più dolori ed altri fastidi che mi preannunciavano la tua presenza, non ti sei fatto più vivo, cosa è successo? Incominci a sentire gli effetti demolenti di quei medicinali! Non mi dire che stai morendo? Forse stai tentando di abbandonarmi. Non ci credo è ancora troppo presto. Sono passati tre mesi da quanto ti ho scoperto, mi avevano dato sei mesi di vita, ne sono passati tre e tu stavi già cantando vittoria, ma devi rimandare ad altra data i tuoi festeggiamenti perché sono convinto che supererò abbondantemente quel periodo; il fatto che questo possa darti fastidio, mi da una gioia immensa, un piacere tanto grande quanto la tua voglia di mordermi, fiaccarmi e infine stroncarmi.

Intanto per il 31 maggio i miei amici toscani ti hanno preparato un’altra doccia velenosa a base di Carboplatino ed altri veleni, medicinali pesanti che mi inietteranno e che questa volta, che sono meno resistente del mese scorso, forse mi indeboliranno ulteriormente, mi creeranno altri problemi, mi faranno sentire male ma, certamente ti renderanno la strada difficile; pertanto accetto volentieri il trattamento.

Quel procedimento, in effetti, anche a me fa un pò paura, ma è necessario che mi ci sottoponga. Rivedo tutta la scena: come l’altra volta, ripercorro la corsia del reparto oncologia, dinnanzi a me c’è l’infermiera che mi fa strada per portarmi in radiologia, con se porta i medicinali destinati a me; mia moglie mi conforta ma lei è più spaventata di me; prendiamo l’ascensore, tre piani in discesa ed ecco che siamo arrivati. Pavimento chiaro, pareti di un colore celeste angelico, porta della sala operatoria grigia. Il primario mi vede e mi chiama per nome, mi si affianca, fa un cenno a mia moglie dicendole di aspettare in sala di attesa, mi fa entrare, mi presenta il personale medico ed infermieristico, in ultimo mi presenta il “Terrorista”, colui che eseguirà l’intervento. Un ragazzetto di trentadue anni che con modi gentili e sicuri mi guarda, mi si avvicina e accigliando gli occhi mi sussurra: “Franco, tu sei fortunato; ti chiami come mio padre, perciò parti avvantaggiato rispetto agli altri, stai tranquillo che ti spiegherò passo passo tutto quello che faremo con la tua collaborazione”. Si inizia il procedimento: anestesia locale all’inguine, si inietta il mezzo di contrasto, un breve studio delle arterie interessate, contemporaneo trattamento di rilassamento naturale con massaggi fatti sulle tempie dal primario, e via all’inserimento del catetere nell’arteria femorale. Si avanza con prudenza, con l’ausilio della guida ecografica, si raggiunge il Pancreas e si inizia lentamente il processo di infusione. Dieci minuti e tutto finisce, Complimenti al “Terrorista”, ha fatto un bel lavoro. Esco in barella, mi riportano al reparto e tra le tante coccole mi adagiano sul mio lettino con preghiera di non muovere per dodici ore la gamba interessata. Tutto è finito nel miglior modo, ho sofferto poco.

Mi aspettano trenta giorni di riposo. Per te cancro, dannatissima bestia, saranno trenta giorni di sofferenza, trenta giorni di veleno.

La legge dei più buoni trionferà sulla legge del male, esse appartengono a situazioni differenti e sono in netto contrasto fra loro, perciò non possono coesistere. Ucciditi e porta con te tutti i tuoi infernali progetti. Ciao schifosa piattola, viscido verme, ti voglio sempre un infinito male.

In attesa di avere tue cattive notizie, ti maledico in eterno. 

Il tuo sempre acerrimo nemico Franco Adorna.                                                                        HOME